Il ruolo del caregiver nel paziente con demenza
Il caregiver del paziente affetto da demenza, la seconda vittima
Come spesso accade con le malattie importanti, anche nel caso delle demenze, c’è chi porta su di sé la sintomatologia, il “paziente” e chi si trova a dover fare i conti quotidianamente con la patologia, ossia il familiare, il caregiver.
Indicativamente circa tre quarti della giornata del caregiver sono impegnati ad assistere e occuparsi della persona affetta da demenza, con un carico, quindi, di circa 10 ore al giorno di assistenza diretta. Emerge che la propria vita, il tempo a disposizione per sé e per le proprie passioni, si azzera quasi, fino ad arrivare a non più di quattro ore settimanali, quando è possibile. Una presa in carico a tutto tondo come questa ha notevoli impatti sulla vita delle persone, sia sul piano economico, perché le uscite aumentano in maniera esponenziale e le entrate diminuiscono, diminuendo il tempo che si può dedicare al lavoro, ma anche sul fronte relazionale e psicologico. I caregiver sono particolarmente a rischio di sviluppare sintomi di natura psicologica, quali nervosismo, stanchezza, irrequietezza ed insonnia, fino ad arrivare ad una vera e propria forma depressiva.
Prendersi cura di una familiare che giornalmente perde una pare delle proprie abilità e competenze è emotivamente straziante e mette il caregiver di fronte a continue scelte, oscillando tra insistere o sostituirsi a lui. Entrambe le opzioni comportano rischi. Da una parte, sostituirci al paziente potrebbe accelerare la perdita di alcune funzioni che ancora risultano presenti, mentre insistere quando non è possibile che lui riesca, potrebbe, viceversa, spazientirlo e non farlo più essere collaborativo. Come si può dedurre, trovare la giusta mediazione è davvero complicato e stancante, e mette il caregiver in uno stato di perenne incertezza e senso di responsabilità.
Non bisogna dimenticare che uno dei sintomi per eccellenza delle demenze, oltre la perdita della memoria, è la perdita delle funzioni cognitive, tra cui la parola. Vedere un proprio caro spegnersi giorno dopo giorno fino a non poter più interagire verbalmente con noi è devastante. Non bisogna, però, dimenticare che il paziente può mantenere una capacità di linguaggio non verbale e che attraverso questo, possiamo continuare a “parlare” con lui.
Concludendo, la vita a fianco di una persona colpita da demenza è davvero faticosa ed impervia. Ecco perché può essere utile, talvolta, rivolgersi ad uno specialista, per aver un sostegno psicologico. Certo non potrà restituirci la persona che stiamo perdendo, ma potrà aiutarci ad elaborare il lutto che tale perdita comporta, cercando di ottimizzare le nostre risorse ed evitando, ove possibile, di far degenerare la situazione verso un quadro depressivo marcato.
Dott.ssa Federica Giusti
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